Tassonomie: poche gioie e tanti dolori

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Marco Ponteprino

Marco Ponteprino

Articolista, Copywriter, Newser, SEO ma sopprattutto appassionato di Web & Web Marketing.
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Cosa sono le tassonomie e perché, molto probabilmente, le stai utilizzando male.

Quando ho deciso di trattare il tema tassonomie, devo ammettere che mi sono sfregato le mani. Si tratta infatti, di un mio vero e proprio feticcio, spesso fonte di riflessioni e dibattiti con committenti, colleghi e amici.

Innanzi tutto però, è bene che ti spieghi di cosa stiamo parlando.

Le tassonomie sono dei criteri utilizzati dai CMS per poter gestire i propri contenuti. Prendendo per esempio WordPress, la piattaforma più diffusa in questo contesto, le tassonomie sono Categorie e Tag.

L’utilizzo di queste “etichette” per catalogare i contenuti di un sito/blog è un qualcosa che mi affascina profondamente per diversi motivi.

In primis non esiste una metodologia precisa. Quando mi appresto a realizzare un sito e la sua struttura infatti, perdo non ore ma giorni per definire la logica da utilizzare.

Senza avere ben chiaro come gestire i futuri contenuti, mi rifiuto categoricamente di aprire un sito.

Se pensi che sia un filo esagerato, ammetto che hai ragione… anche se qualche considerazione andrebbe sicuramente fatta a priori.

Perché scegliere le tassonomie “a tavolino”

Andiamo con ordine e cerchiamo di capire le principali differenze tra Categorie e Tag.

Nel primo caso, si tratta di una suddivisione piuttosto basilare e di facile gestione. Se vuoi avere un esempio concreto, fai conto di dover gestire un sito di cucina.

In questo caso, le Categorie possono essere considerate come la tipologia di portata. Per esempio: primi, secondi, dolci. Per quanto concerne le Tag nell’ambito di un sito di questo tipo, possiamo riferirci agli ingredienti come pomodori, patate e altri.

Andando a incrociare questi due criteri, l’autore dei post va a creare una sorta di intreccio tra le tassonomie.

In pratica, la Tag pomodoro può apparire sia nella categoria primi che in quella secondi.

Attenzione: a parte rari casi, un articolo fa parte di una sola Categoria mentre può contenere anche più Tag. D’altronde è difficile che un piatto sia al contempo un secondo e un dolce, no?

Tag e annessi disastri

Quando si parla di Tag, si fa riferimento a uno dei principali disastri per quanto concerne la SEO onsite.

Queste “etichette” infatti, soprattutto nei siti editoriali con molti articolisti, vengono utilizzate con superficialità.

Ciò causa la creazione di doppioni (celebri i tag identici ma al singolare/plurale), Tag usate una volta sola o, ancora peggio, Tag identiche alle Categorie.

Forse anche il tuo sito ha questi problemi… sappi che, sotto il punto di vista SEO, hai fatto proprio un bel pastrocchio!

La maggior parte di siti non ha criteri precisi per la scelta delle tassonomie. Il risultato? Un gran bel casino!

Questo soprattutto se hai fatto indicizzare anche Tag e Categorie con questi errori, creando una serie di pagine legate alle tassonomia che sono doppioni o che si sovrappongono.

In poche parole, hai costruito una vera e propria trappola per crawler, imprigionando i poveri “robottini” di Google in un meandro di circoli viziosi senza uscita.

Tutto ciò comporta uno spreco immane di crawl budget, con il motore di ricerca che si stanca ben presto di spendere tempo a seguire la struttura interna del tuo sito.

Ti sei riconosciuto in questo problema? Sei preoccupato? Beh, sappi che il meglio deve ancora arrivare!

Risistemare le cose non è semplice e potrebbe portarti via molto tempo.

Questa situazione, soprattutto sui siti editoriali con migliaia e migliaia di pubblicazioni, può presentarsi così complessa che può essere consigliabile semplicemente metterci una pezza, cercando di non fare più danni in seguito.

Come mi comporto personalmente con le Tag

Come già accennato, mi piace preparare le tassonomie in maniera maniacale e a tavolino. Se le Categorie sono relativamente semplici da gestire, con le Tag è tutto molto più complesso.

Innanzi tutto, se stai per aprire un sito, ti suggerisco di prendere carta e penna per decidere come gestire le tassonomie.

Devi tenere conto che, dal progetto iniziale, puoi poi aggiungere eventuali Tag e Categorie ma solo occasionalmente.

Non esiste un metodo perfetto per utilizzare le tassonomie: l’importante è usare criteri coerenti mantenerli nel tempo.

Altra considerazione che dovresti fare è se vale la pena indicizzare o meno le tassonomie. Come già detto, l’utilizzo di ognuna di esse crea una pagina che, a meno di istruzioni dirette, viene agganciata da Google.

Sempre in virtù dei crawl budget e di eventuali cannibalizzazioni rispetto ad altri articoli, devi valutare se vale la pena realmente far indicizzare queste pagine.

Il consiglio personale è uno: nel dubbio evita di usarle!

Utilizzi consigliati e sconsigliati delle tassonomie

A cosa serve una tassonomia non indicizzata? Per esempio, utilizzando Tag e Categorie per i post correlati.

Si tratta di una soluzione, attuabile con alcuni temi o plugin specifici di WordPress, per creare delle strutture a silos interne al sito in maniera automatica. In alcuni contesti, ti posso assicurare che dunque risultano molto comode.

Personalmente invece, sconsiglio fortemente l’uso del Tag Cloud. Questa soluzione, particolarmente in voga all’inizio del nuovo millennio, prevede l’utilizzo tramite widget costituito da una lista di Tag posizionata su una sidebar o nel footer di un sito.

A meno di non avere pochissime Tag o di non aver settato l’attributo nofollow su tutte quelle che appaiono nel cloud, il widget va a creare ridondanza con una struttura nella maggior parte di volte inutile (se non dannosa) per il lavoro dei crawler.

Tiriamo le somme

Combinando sapientemente le tassonomie è possibile creare dei sistemi automatici per strutturare il sito.

Con l’aiuto di un utilizzo oculato di un buon plugin per gestire i releated post e una buona logica di attribuzione delle tassonomie, è possibile rendere automatico ciò che altrimenti andrebbe gestito (con qualche difficoltà) attraverso link e relativi anchor text.

Affinché i criteri siano realmente fruttuosi per posizionamento e user experience però, è bene avere ben chiaro come gestire gli stessi ancor prima di aprire un sito.

In caso contrario, soprattutto se le pubblicazioni sono molte, riuscire a mettere in ordine la struttura successivamente può rivelarsi un’impresa titanica.

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